Vernatsch in Roscioli. La Schiava per te

In Eventi Passati by Alessandro Pepe

 

A giugno lo sappiamo, Roma si svuota. Una volta finite le scuole, le famiglie si spostano al mare e in città rimangono solo i lavoratori estivi, che aspettano con trepidazione l’arrivo delle ferie.
Anche in queste giornate di fine giugno alla Rimessa Roscioli Alessandro Pepe continua a dar vita, insieme ai massimi esperti in materia, a grandi degustazioni, tutte molto amate e apprezzate dagli appassionati e dagli amici nella Capitale in cerca di serate informali e ricche di contenuti.
Lunedì 22 giugno l’Alto Adige è stato protagonista indiscusso di “Vernatsch in Roscioli”.
A raccontare la storia e le particolarità della Schiava sono intervenuti Dario Cappelloni e l’amico e collega Othmar Kiem, giornalista altoatesino fra i più grandi esperti di Schiava e da 12 anni organizzatore della Vernatsch cup.
Come lascia intuire il nome della degustazione, un grande legame è stato segnato fra la serata in Rimessa e la conosciuta manifestazione altoatesina che ogni anno premia le migliori Vernatsch, o Schiava, a cui lo stesso Alessandro Pepe ha partecipato in giuria insieme a Dario Cappelloni e ad altri selezionati giornalisti, enologi, sommelier ed esperti provenienti dall’Italia e dalla Germania, e dalla quale l’Enoteca Roscioli è uscita insignita con il titolo “Ambasciatore della Schiava 2015”, per via dell’ “ampiezza e profondità nella proposta di Schiava Alto Adige”.
Per la degustazione di Roma sono stati stappati i vini premiati a maggio 2015 alla Vernatsch Cup nelle varie categorie, con la volontà di ricreare un evento simile a quello altoatesino in cui scoprire e apprezzare insieme le peculiarità della Schiava.
 
La Schiava
La Vernatsch è caratterizzata da vigne molto vecchie, fino al 1970 rappresentava il 70% della produzione altoatesina ma con il passare degli anni questa percentuale si è ridotta e oggi è scesa fino al  16%. È un vitigno autoctono a bacca rossa particolare che sta avendo una grande crescita a livello qualitativo, è caratterizzato da una gradazione alcolica amichevole, una bassa acidità e un basso tenore di tannini. Il vino che ne deriva è di pronta beva ma in alcune produzione riesce ad arrivare anche a evoluzioni interessanti nel tempo, anche se non è questa la sua peculiarità principale.
Quattro sono le denominazioni che riguardano questo vitigno: Meranese, Santa Maddalena,  Lago di Caldaro e Alto Adige Schiava. E in ognuna di esse troviamo diverse espressioni di schiava. Come sostenuto da Dario Cappelloni “parlare di schiava è limitativo”, dobbiamo infatti parlare di schiava al plurale visto che questo vino è caratterizzato anche dalla capacità di presentarsi in maniere differente a seconda della zona di produzione. Inoltre la sua versatilità lo porta a essere un ottimo abbinamento sia per carni che per pesci, o anche per un alimenti più difficili come il pomodoro.
Nonostante il 56% – 57% dei vini dell’Alto Adige siano bianchi molto conosciuti e affermati nel mercato, la Schiava resta il vitigno più diffuso in Alto Adige. Allontanandosi dal fondo valle le belle escursioni termiche danno vita a un vino fresco nei sentori e di complessa acidità.
A regolarne la produzione troviamo un disciplinare che stabilisce un minimo di 85% di Schiava e un massimo del 15% di Lagrein e pinot nero.
 
I vini della degustazione “Vernatsch in Roscioli” 
La degustazione è iniziata con il consueto brindisi a base di Champagne Brut Blanc de Noirs, Robert Fleury. Poi Alessandro ha iniziato a servire le 17 bottiglie di Schiava, di produttori che lavorano diversamente interpretando a modo loro il territorio e questo particolare vitigno.
Per la prima batteria siamo andati verso il Lago di Caldaro con un floreale Karterersee Classico Superiore Greifenberg 2014, della Cantina di Caldaro – premiato come “Schiava dell’anno 2015” nella categoria AA Lago di Caldaro e come vino preferito dal pubblico. Ci siamo poi spostati all’inizio della Valle Isarco con un Alto Adige Schiava Ebner 2014, Tenuta Ebner di un piccolo produttore che con la sua prima annata prodotta ha vinto la categoria AA Schiava e abbiamo concluso con un vino della bassa atesina vincitore della categoria AA Schiava Grigia, una Schiava Grigia Selection Grauvernatsch 2014, Produttori Cortaccia.
A aprire la seconda batteria una delle schiave di una vigna centenaria, caratterizzata dalla buona capacità di invecchiamento, una Schiava Galea 2014, Nals Margreid, seguita da una Schiava Fass Nr.9 2014, Girlan e dal vincitore della categoria AA Meranese e AA Val Venosta, un Alto Adige Meranese Partanes 2014, Tenuta Partanes. A seguire sette Santa Maddalena della fantastica collina a nord di Bolzano dai vigneti scoscesi e una pendenza che arriva al 75%. Per primo un St Magdalener Classico 2014, Produttori di Bolzano seguito da tre dei vincitori della categoria AA Santa Maddalena, il St Magdalener Gröbnerhof 2014, Erste + Neue, il St Magdalener classico Glögglhof 2014, Franz Gojer e il St Magdalener classico Pfannenstielhof 2014, Pfeifer Johannes.
A concludere la degustazione dei Santa Maddalena quattro etichette, la prima di grande qualità, un vino storico della zona, con una produzione che arriva a 300.000 bottiglie, il St Magdalener Classico Huck am Bach 2013, Produttori Bolzano, l’ultimo dei quattro vincitori della categoria AA Santa Maddalena, il St Magdalener Classico Morit 2013, Loacker e due grandi vini molto apprezzati e dalle buone capacità di invecchiamento, il St Magdalener Classico Antheos 2014 di Waldgries, Christian Plattner e il St Magdalener Classico 2009 Waldgries, Christian Plattner. La degustazione si è poi conclusa con tre Schiava Alte Reben Gscheier  Girlan, rispettivamente 2013, 2005 e una rarissima bottiglia di 1976, prima annata prodotta di questo vino.
 
Il menù della degustazione “Vernatsch in Roscioli” 
Ad accompagnare tutto il meraviglioso pane e la pizza bianca dell’Antico Forno Roscioli, tre tipi di speck altoatesini, dei deliziosi canederli e un grande Bitto del 2006.
Lo speck è stato presentato sia tagliato con l’affettatrice che a mano dallo stesso Othmar. Come ha sostenuto il grande giornalista nella spiegazione, lo speck è un salume molto richiesto, esportato addirittura maggiormente del prosciutto crudo di Parma.
Per la produzione segue da una parte la tradizione delle conservazione per affumicatura tipica del nord e dall’altra quella per stagionatura del sud delle alpi. È meglio tagliarlo a mano, a fettine non troppo sottili e piccole, e prima di tutto deve essere ripulito dalla parte superiore e inferiore.
“Quando lo speck viene tagliato con l’affettatrice” ha spiegato Othmar “i sentori sono più evoluti a causa di un’ossigenazione maggiore, mentre quelli emersi dal taglio con il coltello sono più freschi.”
Spettacolari anche i Canederli, il pasto del recupero, nato in Boemia e arrivato nell’arco alpino dopo essere passato da Vienna. Arrivati nella mattina di lunedì direttamente dall’Alto Adige sono stati presentati per l’occasione con del burro fuso e una spolverata di Bitto 2006.
 
Clicca qui per tutte le foto della degustazione

 

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